MISURE DI PREVENZIONE: REVOCAZIONE PER SOPRAVVENUTA ILLEGITTIMITÀ DELLA NORMA – INDICAZIONI PROCEDURALI

IL COMMENTO PRENDE LO SPUNTO DA UNA DECISIONE ADOTTATA DALLA CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZIONE MISURE DI PREVENZIONE SU UNA ISTANZA DI REVOCAZIONE PRESENTATA DAL MIO STUDIO LEGALE FONDATA SULLA SOPRAGGIUNTA ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELLE PREVISIONI DI CUI ALL’ART. 1, CO. 1, LETT.A) DEL DECRETO LEGISLATIVO 159/2011 (CODICE ANTIMAFIA), OLTRE CHE DELL’ART. 4, CO. 1, LETT. C), NELLA PARTE IN CUI CONSENTIVANO DI APPLICARE LA MISURA DI PREVENZIONE DELLA SORVEGLIANZA SPECIALE CON O SENZA OBBLIGO DI SOGGIORNO, NONCHÉ QUELLE DEL SEQUESTRO E DELLA CONFISCA, A COLORO CHE DEBBANO RITENERSI, SULLA BASE DI ELEMENTI DI FATTO, ABITUALMENTE DEDITI A TRAFFICI DELITTUOSI
LA VICENDA PROCESSUALE
Il Tribunale di Bari con decreto depositato il 20 aprile 2016 disponeva l’accoglimento della proposta del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per complessivi anni due e mesi sei nei confronti del proposto; disponeva inoltre la confisca di tutti i beni patrimoniali e aziendali della famiglia per essere ritenuti nella effettiva disponibilità del proposto.
A sostegno della ritenuta applicabilità delle misure di prevenzione sia personale che patrimoniale, il Tribunale assumeva la sussistenza della pericolosità sociale del proposto ai sensi dell’articolo 1 lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 159 del 2011.
La misura veniva quindi confermata sia in grado di appello che in sede di legittimità.
Ritenuta la non intangibilità del giudicato, essendo prevalente la necessità di garantire il rispetto dei principi di rango costituzionale, come peraltro affermato dalla Corte Costituzionale con la pronuncia additiva n. 113/2011 con riferimento all’istituto della revisione di cui all’art. 630 c.p.p., lo scrivente Studio, individuata la Corte d’appello di Lecce come giudice competente in base al combinato disposto dell’art. 28 D. Lgs 159/2011 e art 11 c.p.p., incardinava Giudizio revocazione della misura patrimoniale della confisca, in conseguenza del venir meno della norma giuridica legittimante detta applicazione (art. 28 D. Lgvo 159/2011).
LA DECISIONE DELLA CORTE D’APPELLO DI LECCE IN LINEA CON CASSAZIONE Sez. VI penale n. 36582 del 18 dicembre 2020
Il ricorso depositato nell’agosto del 2019 muoveva dalla pronuncia di illegittimità costituzionale della fattispecie di pericolosità di cui alla lettera a) dell’articolo 1 del decreto legislativo citato e su tale base veniva richiesta la revoca della confisca e la conseguente restituzione dei beni confiscati o del loro valore equivalente.
Il rimedio di cui all’articolo 28 del codice antimafia risultava lo strumento attraverso il quale rimuovere ex tunc gli effetti della pronuncia illegittima, non sussistendone più i presupposti per l’applicazione; ed infatti, nella previsione di cui all’articolo 28 era stata trasfusa la precedente disposizione, normata nell’articolo s7, comma 2 della legge 1423 del 1956, che era stato individuato con il mezzo attraverso il quale far valere l’invalidità genetica del provvedimento.
La Corte d’appello di Lecce richiamandosi ad un orientamento della Corte di Cassazione consolidatosi solo a dicembre del 2020, ha tuttavia dichiarato l’inammissibilità del ricorso per essere competente il giudice che cura l’esecuzione della misura, esattamente come avviene in ambito penale laddove la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice intervenuta dopo il giudicato, legittima la revoca della sentenza di condanna da parte del giudice dell’esecuzione.
Sul punto, il richiamo alla pronuncia della Corte di Cassazione dello scorso dicembre, è determinante: nonostante la marcata omogeneità dei due istituti in questione (Revocazione e Incidente di esecuzione), tendenti entrambi a rimuovere gli effetti del giudicato in ragione di una mera presa d’atto della sopravvenienza di accadimenti successivi che travolgono ab origine la validità del provvedimento di cui si chiede la caducazione, non c’è dubbio – sosteneva la Cassazione – che il processo di esecuzione continua a costituire lo sfondo procedurale di riferimento del giudizio di cognizione, utile per integrarne le lacune create da situazioni di incompatibilità sistematica e ciò sebbene il codice antimafia richiami le norme sul processo di esecuzione solo in relazione alla fase procedimentale della misura (art. 7, co. 9 D. lgs cit.)
Tale conclusione, secondo la ricostruzione offerta dal giudice evocato dallo Studio, consente pure di evitare che in presenza di un provvedimento che contestualmente disponga l’applicazione di una misura personale e patrimoniale (come nel nostro caso), fondata sulla pericolosità ormai dichiarata incostituzionale, debba farsi ricorso a due differenti autorità giudiziarie per vedere revocata sia luna che l’altra (il richiamo va alle indicazioni fornite dalle norme contenute agli artt. 11 (per la revoca della misura personale) e 28 (per la revocazione della misura patrimoniale) del D. Lgs n. 159/2011.
Con una indicazione che si vuole leggere di buon auspicio, la Corte invita quindi lo Studio ad intraprendere l’azione dell’incidente di esecuzione presso lo stesso Tribunale che aveva adottato la misura di cui si chiede la revoca.
Un sentito ringraziamento al Presidente della Corte d’Appello di Lecce dott. Ettore NESTI e al Consigliere relatore dott. Adele FERRARO per l’accurata trattazione del caso e per l’attenzione prestata alle motivazioni tutte dell’istanza.
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