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MISURA DI PREVENZIONE: LA TUTELA DEL TERZO PASSA ALLE SEZIONI UNITE

SEZIONI UNITE PREVENZIONE

La pronuncia in commento si delinea come un importante punto di slancio per la soluzione della questione di cui sono state investite le Sezioni Unite che dovranno stabilire se il termine di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge n. 228/2012 (1° gennaio 2013) per proporre domanda di ammissione al credito (da parte dei titolari di ipoteca iscritta sui beni confiscati in esito al procedimento di prevenzione) operi anche in caso di omessa comunicazione da parte dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla criminalità organizzata.
Il caso di specie discende dalla concessione di un mutuo che BNL aveva erogato in favore di una società, a garanzia del quale veniva iscritta ipoteca sul terreno appartenente alla società mutuataria. Su detto terreno veniva poi edificato un fabbricato e una parte di esso veniva venduto ad un privato che si accollava una quota del mutuo in parola. Tuttavia, il privato acquirente veniva meno all’obbligazione di pagamento della quota di mutuo e così Bnl era costretta a recuperare il proprio credito avviando la procedura dell’espropriazione forzata. Durante detta procedura l’istituto creditore apprendeva che l’immobile pignorato era stato fatto precedentemente oggetto di confisca di prevenzione disposta con decreto n. 109 del 2010, divenuto irrevocabile nel gennaio 2012. L’Istituto bancario aveva quindi chiesto di essere ammessa al passivo della procedura per il credito in questione. Il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile la domanda così avanzata dalla banca, motivando che la confisca di prevenzione dell’immobile, sul quale era stata iscritta ipoteca a garanzia della restituzione del mutuo, era divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore della legge n. 228/2012.
Per la cassazione di detta pronuncia, ricorreva la mandataria di Bnl (Business Partner Italia s.c.p.a.) con argomentazioni che si sviluppavano in due motivi: da una parte denunciando l’errata interpretazione del precetto contenuto nel comma 199 dell’art. 1 della predetta legge, precludendo, altresì, la corretta applicazione del successivo comma 206, e dall’altra, deducendo che solo dal rispetto della procedura prevista dalla predetta disciplina poteva discendere la piena garanzia del proprio diritto di partecipazione al procedimento di prevenzione, alla luce anche del contenuto della disciplina comunitaria, nonché della Convenzione EDU.
Il punto di vista della Cassazione nella pronuncia in commento.
Prendendo le mosse dalla disciplina legale relativa alla tutela del terzo titolare di diritti sul bene confiscato che è quella di cui alla legge n. 575/1965, alla luce di quanto stabilito nell’art. 117, comma 1 del d.lgs. n. 159/2011, la Suprema Corte offre un’interpretazione della legge n. 228/2012, che al comma 194 dell’art. 1 dispone, per quanto qui di interesse, che a partire dal 1 gennaio 2013 (giorno dell’entrata in vigore della legge) non possono essere proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive sui beni confiscati a definizione di procedimenti di prevenzione per i quali trova applicazione la disciplina di cui alla legge 575/1965. Ed infatti, secondo la successiva prescrizione dell’art. 197, gli oneri e i pesi iscritti o trascritti su tali beni anteriormente alla confisca devono considerarsi estinti di diritto. In base al combinato disposto di dette norme, dunque, si desume che i titolari di crediti, garantiti da ipoteca iscritta su beni immobili prima della trascrizione del sequestro di prevenzione, debbono, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge 228/2012 (dunque, dal 1 gennaio 2013) “a pena di decadenza proporre domanda di ammissione del credito, ai sensi dell’art. 58, comma 2 del d.lgs. 159/2011, al giudice dell’esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca”.
La dissertazione della disciplina normativa in materia viene poi completata dall’esame del successivo art. 206 che dispone l’obbligo in capo all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, entro 10 giorni dall’entrata in vigore della predetta legge, ovvero dal momento in cui la confisca diventa definitiva, di comunicare ai creditori di cui al precedente comma 198 (a mezzo posta elettronica certificata, ove possibile, e, in ogni caso, mediante apposito avviso inserito nel proprio sito internet), che possono, a pena di decadenza, proporre domanda di ammissione del proprio credito (ai sensi dei commi 199 e 205), comunicando, altresì, la data di scadenza del termine entro il quale tali domande debbono essere presentate, e ogni ulteriore informazioni per agevolare la presentazione della domanda medesima.
Passando poi al vaglio di due recenti sentenze della Cassazione (n. 20479/2016 e n. 36626/2016), se ne discosta fermamente, affermando il principio per cui “dall’adempimento da parte dell’Agenzia all’obbligazione, di fonte legale, di dare avviso ai creditori aventi diritti sul bene confiscato, non può prescindersi pena l’elisione del diritto del creditore all’accertamento giudiziale del proprio credito da soddisfarsi, dopo il ricavato dalla vendita del bene confiscato, nella misura specificamente indicata dal comma 203 dello stesso art. 1”.
Infine, nell’evidenziare le numerose differenze tra la disciplina del d.lgs. n. 159/2011 e la successiva legge n. 228/2012, rimarca l’unico elemento in comune tra le due norme che è quello della sostanziale identità dell’atto d’impulso per ciascuno dei procedimenti, costituito dalla comunicazione ai creditori – titolari dei diritti reali di garanzia sui beni confiscati – di far valere i propri diritti mediante la necessaria proposizione di una domanda per l’accertamento giudiziale dei propri crediti verso il soggetto destinatario della confisca di prevenzione entro un determinato termine che, in entrambi i casi, è qualificato dalla legge come di decadenza e che decorre dal giorno dalla comunicazione dell’avviso (art. 58, co. 5, d.lgs. 159/2011; art. 1, co. 206 lett. b), legge n. 228/2012), onde partecipare alla distribuzione del ricavato dalla liquidazione del bene.
Seppure differenti, dunque, le due discipline hanno la comune esigenza, prevista sia dal legislatore del 2011 che da quello del 2012, di assicurare all’interessato la conoscibilità del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare, nella sua interezza, il tempo assegnatogli e ciò, anche, alla luce delle numerose sentenze della Corte Costituzionale secondo cui nel caso in cui un termine sia prescritto per l’esercizio di un’azione a tutela di diritti soggettivi, la cui omissione si risolva in pregiudizio della situazione tutelata, deve essere assicurata all’interessato la conoscibilità del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare, nella sua interezza, il tempo assegnatogli, pena la violazione dell’art. 24 Cost.
Ebbene sulla base di dette argomentazioni, la Suprema Corte, rilevando che la questione di diritto posta alla base della richiesta proposta dalla mandataria della banca potrebbe dar luogo ad un potenziale contrasto sull’art. 1 della legge n. 228/2012 e, segnatamente, sul rapporto tra i commi 199 e 206 di esso, ritiene di rimettere la valutazione finale della questione alle Sezioni Unite.
@Produzione Riservata – Studio Legale Gelsomina Cimino

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