LA LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE: LA CASSAZIONE NE DELINEA I LIMITI

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quinta Penale, con la Sentenza numero 40414/19 depositata lo scorso 2 ottobre 2019, ha esaminato, per la prima volta, la c.d. Legittima Difesa Domiciliare così come introdotta con la Riforma del 2019.
Si tratta, più precisamente, delle Modifiche al codice penale introdotte con la Legge n. 36 del 26 Aprile 2019 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 03/05/2019 ed entrata in vigore il 18/05/2019, che, fra l’altro, ha introdotto l’istituto della Legittima difesa domiciliare come causa di giustificazione (art. 52 del codice penale) e dell’eccesso nelle cause di giustificazione (art. 55 codice penale).
Il caso portato all’esame della Suprema Corte concerneva una persona accusata di lesione personale per aver colpito alla testa altro soggetto introdottosi in casa propria.
La corte d’Appello aveva condannato l’uomo a otto mesi di reclusione e l’imputato ricorreva per la cassazione della sentenza per il mancato riconoscimento della scriminante della legittima difesa, quanto meno putativa (intesa come errore incolpevole in cui versi l’agente che ritiene di poter andare esente da responsabilità penale).
La Corte ha invece ritenuto di rigettare il ricorso, argomentando che affinchè sia configurabile la nuova norma sulla legittima difesa domiciliare, è richiesto che l’intrusione nell’altrui domicilio avvenga con violenza o minaccia.
I giudici nel valutare la proporzionalità tra difesa e offesa, devono considerare, prevalentemente, il rapporto tra i mezzi difensivi e i mezzi offensivi, ovvero la relazione tra il male minacciato e il male inflitto, in aderenza al principio del bilanciamento degli interessi.
Attraverso un giudizio ex ante, verrà valutata la proporzionalità tra il male provocato dall’aggredito e quello subito, il quale dovrà in ogni caso risultare o inferiore, o uguale.
Inoltre, in merito alla richiesta di configurabilità della legittima difesa putativa, ovvero quella esercitata a fronte di una situazione di pericolo che non esiste obiettivamente, ma è supposta erroneamente dall’agente a causa di un erroneo apprezzamento dei fatti, affinchè possa trovare ingresso, è necessario che l’erroneo convincimento abbia un fondamento obbiettivo.
In questo caso però, ripercorrendo la descrizione offerta dallo stesso imputato circa l’introduzione nell’appartamento della persona offesa, non era affatto ravvisabile un “attacco preventivo”, da parte del soggetto agente, che facesse pensare ad una situazione di pericolo tale da giustificare un’aggressione, tanto più che la persona offesa era persona a lui nota.
Il comma 2 dell’art.52 al numero due è stato inserito dalla legge 13 febbraio 2006 numero 59, relativamente ai casi di violazione di domicilio cui all’art. 614 de codice penale, comma 1 e 2.
Il legislatore, in questi casi, ha previsto una presunzione assoluta di proporzione fra difesa e offesa, che opera in presenza di alcuni requisiti e, nella specie, che il soggetto che ha posto in essere la legittima difesa abbia il diritto di trovarsi in quel luogo; che l’incolumità della persona fosse in pericolo; che la legittima difesa sia stata attuata attraverso un’arma o un altro strumento di coercizione legittimamente detenuto.
Qualora tutte queste condizioni siano presenti la presunzione opera automaticamente, se invece manca anche una di queste la presunzione la scriminante della legittima difesa deve escludersi.
Non c’è dubbio che alla base della normativa applicabile, vi sia il principio del c.d. bilanciamento di interessi, facendo in tal modo prevalere l’esigenza di tutelare l’interesse di chi venga ingiustamente aggredito, rispetto all’interesse dell’aggressore.
Le norme sulle cause di giustificazione descrivono, quindi, situazioni eccezionali in cui un fatto che normalmente costituirebbe reato non viene punito.
Proprio per questo il giudice deve farne un’attenta valutazione e nel caso in esame la Corte ha più volte sottolineato che lo stesso ricorrente non aveva mai fatto riferimento nella sua ricostruzione alla circostanza che l’intrusione nell’abitazione fosse avvenuta con violenza o minaccia; non aveva parlato neppure di effrazione della porta di ingresso, bensì solo che la persona offesa era entrata senza bussare.
Di conseguenza la Cassazione, ritenendo corretta la motivazione offerta dalla Corte d’Appello, ha confermato la condanna dell’imputato.
Uguale conclusione vi è stata per il riferimento all’ipotesi di Eccesso Colposo.
Secondo la norma dettata nell’articolo 55 del codice penale viene riconosciuto l’eccesso colposo nella legittima difesa quando si palesa una situazione di fatto in cui si può avere difesa legittima, i cui limiti di proporzionalità (difesa e offesa) vengano superati solo per errore.
Affinchè dunque, possa applicarsi la norma in esame non si richiede solamente che sussistano i presupposti per l’applicazione di una delle scriminanti ma si richiede altresì che sussista il superamento “per colpa” dei limiti dell’agire consentito dalla scriminante, ciò in cui si sostanzia il c.d. eccesso.
Cosicchè “per stabilire se nel fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima accertare la inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione ex ante, e, poi, procedere ad un ulteriore differenzazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell’eccesso colposo delineato dall’art. 55 c.p., mentre il secondo consiste in una scelta volontaria, la quale comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante “.
Facendo riferimento alla costante interpretazione giurisprudenziale , il presupposto alla base della legittima difesa e dell’eccesso colposo è costituito “dall’esigenza di rimuovere il pericolo di un’aggressione mediante una reazione proporzionata ed adeguata , l’eccesso colposo si distingue per un’erronea valutazione del pericolo e dell’adeguatezza dei mezzi usati : ne deriva che, una volta esclusi gli elementi costitutivi della scriminante, non v’è spazio ovviamente – per l’inesistenza di una offesa dalla quale difendersi – per la configurazione di un eccesso colposo”.
@Produzione Riservata – Studio Legale Gelsomina Cimino