La latitanza dello Stato: lo stupro di un’intera comunità ai danni di una famiglia intera

Risale ad un anno fa lo stupro di una ragazzina di quindici anni attirata in un casolare di campagna ad opera del proprio ragazzo e successivamente violentata da un branco di 12 coetanei, amici di quest’ultimo, sotto la minaccia della diffusione sui social del filmato che la ritraeva in intimità con il fidanzato.
L’episodio è accaduto a Pimonte, un paesino in provincia di Napoli, località presso la quale la ragazza si era trasferita insieme alla famiglia di origine tedesca.
Ma la vittima, questa volta, nonostante le intimidazioni subite di pubblicazione dei video sulla rete, decide di denunciare immediatamente l’episodio alle autorità. Subito il fermo per i 12 giovani, undici trasferiti in comunità di recupero e uno, minore di anni 14, destinato ad un trattamento separato.
A richiamare l’attenzione sull’accaduto la decisione del Gup del Tribunale dei minori di Napoli che, otto mesi dopo, ha concesso ai ragazzi il provvedimento alternativo della “messa in prova” e dunque la possibilità di tornare presso le proprie famiglia nel paesino di modeste dimensioni teatro della violenza di gruppo.
Dal canto suo la vittima, oltre a dover affrontare un doloroso percorso di recupero psicofisico, ha dovuto subire, sin dal momento della denuncia, continui scherni e atti di esclusione sociale, sino al punto di essere costretta a ritrasferirsi in Germania insieme all’intera famiglia.
A rendere nota la notizia del ritorno in Germania è stato il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della regione Campania Cesare Romano il quale, attraverso un comunicato ha denunciato “l’insensibilità istituzionale” dimostrata da chi aveva assunto l’impegno di accompagnare la minore e la famiglia almeno nella fase di recupero e guarigione dal trauma subito.
A giudizio di chi scrive, lo Stato, le Istituzioni, la Comunità, sono tutti Responsabili: Reo non è solo colui che è autore della Condotta criminosa ma anche chi, pur con semplici omissioni, resta inerte, pur essendovi tenuto, di fronte alle conseguenze del reato; il copione è sempre lo stesso: dapprima tanto clamore mediatico e condanna unanime, poi finto pietismo e assoluto disinteresse fino all’emarginazione.
Occorre un intervento congiunto di tutti gli organismi tenuti a qualsiasi titolo a rapportarsi con i minori, affinché siano definiti e coordinati tutti gli strumenti destinati a garantire un controllo adeguato, un’educazione preventiva e ove occorra, una condanna efficace.
Del resto, se principi come il finalismo rieducativo della pena e quello della non colpevolezza fino a condanna definitiva, sono propri del conquistato sistema accusatorio e garantiscono la correttezza dell’intervento della giustizia, occorre al contempo, che lo Stato assicuri sostegno e tutela su più fronti a chi dall’altra parte si ritrova ad essere solo una vittima che pur avendo trovato il coraggio di ribellarsi, si ritrova a dover fare i conti con un’unica agghiacciante domanda: non era meglio subire e tacere? e forse oggi, se l’avesse fatto, avremmo già archiviato il caso per un intervenuto gesto estremo che già tante volte, in questi ultimi tempi, hanno impegnato le ultime pagine dei giornali.
Non può essere questa la vita che i nostri figli devono ereditare!