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Alunni disabili: il diritto allo studio è sacro

In Italia, decine di famiglie di minori disabili si confrontano quotidianamente con una normativa scolastica disorganica, che troppo spesso rende materialmente impossibile a bambini e ragazzi portatori di handicap il completamento del percorso scolastico. Chi scrive ha già avuto modo di occuparsi di queste problematiche: in particolare, di recente si è affrontata la questione di una giovane affetta da una serie di disturbi ampiamente certificati e non ammessa a frequentare la classe successiva nell’anno scolastico entrante.
Alla minore, che già usufruiva negli anni precedenti del sostegno scolastico, era stato riconosciuto dall’Istituto frequentato un piano didattico personalizzato corredato da una serie di agevolazioni – tutte più che dovute, in ragione dei suoi disturbi – tra cui la dispensa da verifiche orali. Il tutto però era stato regolarmente disatteso nel corso dell’anno, fino a giungere alla bocciatura motivata dalle “troppe assenze” seppur giustificate da certificazione medica.
Si era creato così un ingiusto ostacolo al processo di crescita personale e culturale della minore, oltre che il rischio dell’aggravarsi delle sue condizioni per la delusione subìta. Per di più, dal verbale di non ammissione risultava che il Consiglio di classe era a conoscenza e aveva preso atto della cartella clinica della minore, e nonostante ciò non riteneva di tenerne in considerazione le peculiari necessità; per questa ragione, la difesa della minore (da noi operata con successo) sollevava la violazione dei principi costituzionali ex art. 3, 33 e 34 Cost. (sono stati infatti indubitabilmente ignorati il diritto all’istruzione e all’uguaglianza nonché il dovere, da parte della Repubblica, di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”) nonché di numerose norme del sistema scolastico cui l’Istituto si sarebbe dovuto attenere, tra cui (ma non solo) la Direttiva del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca del 27.12.2012 (“Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”), la Circolare Ministeriale n. 8, Prot. N. 561, del 6 marzo 2013, avente ad oggetto la predetta Direttiva, e le leggi n. 104/1992 (“Legge Quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”) e n. 170/2010, (“Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”). Il tutto ulteriormente aggravato dalla mancanza di comunicazione con la famiglia della studentessa, all’oscuro di tutto: il TAR Lazio invocato dallo Studio Legale Cimino, con una pronuncia cautelare immediatamente esecutiva (07419/2016 Reg. Prov. Cau.), ha sancito il diritto della minore ad essere ammessa alla classe successiva.
Quella descritta non è, purtroppo, una situazione isolata. Come accennato, sono poche le famiglie di minori disabili che non incontrano problemi col sistema scolastico, problemi generati da un fertile terreno fatto di norme eterogenee e spesso mal applicate dalle pubbliche amministrazioni.
Oggi, però, una sentenza “pilota” del Consiglio di Stato aiuta finalmente a mettere ordine nel farraginoso sistema legislativo e a porre dei principi fondamentali che, speriamo, saranno d’ora in avanti osservati. Con la sentenza n. 2023/2017, infatti, si è dato ragione ad una madre che aveva ottenuto dall’Istituto scolastico frequentato dal figlio, solo 13 ore di sostegno, a fronte delle 25 riconosciutegli dal “Gruppo di lavoro operativo handicap – G.L.O.H.”. In circa 30 pagine, nelle quali venivano oltretutto sollevati gli stessi argomenti da noi presentati nel ricorso sopra detto, il Consiglio di Stato ha ribadito l’importanza del sistema scolastico ai fini dell’inserimento dei disabili nella società, ha stabilito la necessità che i dirigenti scolastici si attengano scrupolosamente alle proposte dei G.L.O.H. in merito ai piani di studio dei singoli alunni disabili e, ultimo ma forse più importante, ne ha fatto discendere il principio secondo cui «il danno morale e il danno biologico» subìti da un alunno disabile sono risarcibili, tra l’altro, quando sia riscontrabile «il nesso causale tra l’atto illegittimo dell’Amministrazione e l’insorgenza di una menomazione ulteriore, permanente o temporanea dell’integrità psicofisica dell’alunno disabile, suscettibile di valutazione medico-legale».
L’auspicio, per chi si occupa della materia, è che grazie a questa pronuncia “pilota” nessuno metterà più in discussione l’importanza di adeguare il sistema scolastico alle necessità dei portatori di handicap, tenendo nel dovuto conto il loro benessere e le difficoltà che già troppo spesso incontrano.

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