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SOSPENSIONE DALL’ALBO PER L’AVVOCATO AMMINISTRATORE DI SRL

ordine avvocati

Con la Sentenza n. 14131/2018, pubblicata lo scorso 1 giugno, la suprema Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso proposto da un Avvocato, cui era stata inflitta la sanzione della cancellazione dall’Albo ex art. 40 n. 4 del R.D.L n. 1578/1933 per essere stato ritenuto responsabile della violazione del dovere di evitare incompatibilità nonché della violazione degli obblighi di lealtà, diligenza puntualità e correttezza nell’adempimento dei mandati difensivi.

Tale sanzione era stata inflitta, in primo grado, dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati competente, e poi parzialmente riformata dal Consiglio Nazionale Forense, cui l’Avvocato aveva proposto ricorso onde ottenere l’annullamento della decisione di primo grado espressa dal COA.
Il Consiglio Nazionale Forense aveva, infatti, parzialmente accolto il ricorso rideterminando la sanzione disciplinare e, sostituendo la cancellazione infitta in primo grado, con la sospensione dell’esercizio dell’attività professionale per tre anni.
Avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense, l’incolpato promuoveva ricorso alla Suprema Corte, lamentando:
– la mancata sospensione del procedimento disciplinare in attesa della definizione di quelli penali, vertenti, a suo dire, sulle medesime circostanze;
-l’erroneità della decisione del C.N.F laddove ha ritenuto la sussistenza della incompatibilità della carica di Amministratore Unico di una s.r.l con l’iscrizione all’albo, in quanto, non sarebbero state considerate le circostanze secondo le quali, trattavasi di una società avente ad oggetto attività ludico sportive senza scopo di lucro, nonché la circostanza per la quale egli aveva dismesso la carica sociale molti anni prima della contestazione disciplinare, con conseguente prescrizione della violazione;
– l’erroneità della valutazione di minor gravita della sanzione della sospensione rispetto alla cancellazione, in considerazione della prassi di consentire la reiscrizione all’albo dopo 18 mesi dalla cancellazione, in conseguenza del buon comportamento successivo alla violazione disciplinare da parte dell’avvocato. Prassi che consentirebbe quindi, secondo il ricorrente, di ritenere più vantaggiosa in concreto l’applicazione della cancellazione rispetto alla sospensione per tre anni.
Secondo i supremi giudici, il ricorso non può che essere ritenuto inammissibile posto che i motivi in cui esso si articola sono privi di specificità ed autosufficienza.
In particolare, quanto alla lamentata mancata sospensione del procedimento disciplinare in attesa della decisione penale, il ricorrente ha omesso di specificare le motivazioni per le quali ritiene infondata l’affermazione secondo la quale le imputazioni contestate in sede penale e in sede disciplinare non possano essere ritenute coincidenti.
Quanto, poi, alla contestata insussistenza della incompatibilità tra la carica sociale e l’iscrizione all’albo professionale, la Corte osserva che l’affermazione secondo la quale la s.r.l non avesse finalità lucrativa è rimasta indimostrata e non è comunque rilevante a fronte dell’attività commerciale svolta da una società di capitali come è la s.r.l. Mentre quanto alla eccezione di prescrizione, la Corte rileva che dal certificato camerale risulta la conservazione della carica sino all’attualità.
Infine, venendo alla censura relativa alla sostituzione della sanzione irrogata in primo grado, la Corte osserva che il CNF ha fatto applicazione del principio già affermato con una recente sentenza pronunciata a Sezioni Unite (n. 18394/2016) secondo cui il nuovo codice deontologico forense non prevede più la sanzione della cancellazione dall’albo, sicchè, trattandosi di disciplina più favorevole per l’incolpato rispetto al regime previgente, quella sanzione è inapplicabile anche nei procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore.
Ciò in quanto l’art. 65 co.5 della l.n. 247/2012 ha recepito il criterio del favor rei, in luogo di quello del tempus regit actum, con la conseguenza che la sanzione della cancellazione dall’albo, in quanto non più prevista, è inapplicabile e, in luogo di essa, deve essere comminata la sospensione prevista dal nuovo codice deontologico ,anche ove in concreto superiore rispetto a quella dettata dal precedente, poiché, nel caso di successione di leggi, non si può procedere ad una combinazione delle disposizioni più favorevoli della nuova legge con quelle più favorevoli della vecchia, in quanto ciò comporterebbe la creazione di una terza legge, diversa sia da quella abrogata, sia da quella in vigore.
In tali casi, occorre applicare integralmente quella delle due che, nel suo complesso, risulti, in relazione alla vicenda concreta, più vantaggiosa per l’incolpato.
@Produzione Riservata – Studio Legale Cimino

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