AUTORIZZAZIONE IDRAULICA: A MENO DI DIECI METRI DAL FIUME, L’INEDIFICABILITÀ È ASSOLUTA

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute in materia di autorizzazione idraulica, in relazione al progetto di ristrutturazione di un edificio, sito all’interno del centro abitato di Verona, in prossimità del fiume Adige, da cui era scaturita, a carico della società costruttrice, il provvedimento di #sospensione dei lavori di ristrutturazione e il successivo #ordine di demolizione, con riduzione in pristino.
Il ricorso avverso la pronuncia del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, concerneva in particolare la mancata applicazione della disciplina urbanistica adottata dal Comune di Verona che, a dire di parte ricorrente, comprendeva anche la disciplina concernente la materia idraulica e la regimazione delle acque pubbliche con espresso fondamento normativo nella legge urbanistica del Veneto n. 11/2004.
La Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 31022 pubblicata il 27 novembre 2019 ha rigettato il ricorso e confermato la pronuncia impugnata, in considerazione del fatto che i divieti di edificazione sanciti dall’art. 96 del Regio Decreto n. 523 del 25.07.1904 (c.d. Testo Unico delle leggi sulle opere idrauliche) sono informati alla ragione pubblicistica di assicurare la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali ovvero di assicurare il libero deflusso delle acque scorrenti nei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici.
Essa, tuttavia, resta applicabile – così il suo limite di metri dieci – opera solo in mancanza di una normativa locale ad hoc, destinata cioè alla regolamentazione delle distanze dagli argini, esplicitando le condizioni locali e le esigenze di tutela delle acque e degli argini che giustifichino la determinazione di una distanza minore o maggiore di quella indicata dalla norma statale.
Nel caso in esame, la Cassazione ha ritenuto che gli spunti offerti da parte ricorrente, relativamente all’applicabilità della normativa regionale, non fossero sufficienti allo scopo, atteso che, in tali strumenti urbanistici non risultava espressamente la presa in esame della specifica condizione del fiume Adige, tale da poter fermamente sostenere la volontà locale ad una deroga della norma statale.
La Suprema Corte ha quindi concluso ritenendo che “L’accertata violazione della distanza di dieci metri, seppur riferita al solo scavo, conseguiva un vincolo di inedificabilità assoluta”.
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